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Sudan, donne e libertà: le mutilazioni genitali femminili diventano un reato

Sudan, donne e libertà: le mutilazioni genitali femminili diventano un reato

A un anno dalla caduta del regime di Omar Bashir, una nuova legge prevede tre anni di prigione a chi pratica le MGF. «Una nuova era», esultano le associazioni. Ma è solo il primo passo

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In Sudan le mutilazioni genitali femminili finalmente diventano un reato. Coloro che le portano a termine (non le vittime) rischiano tre anni di carcere. Il passo deciso dal nuovo governo è stato salutato come l’inizio di una «nuova era» da associazioni che si battono per i diritti delle donne (e delle bambine). Ed è considerato un frutto della rivoluzione che, giusto un anno fa, ha portato alla cacciata dell’ex presidente Omar al Bashir, il mantenimento di una promessa fatte alle donne anche in virtù del ruolo fondamentale assunto durante i nove mesi di pacifica rivolta popolare, rivolta che il regime e i vertici militari hanno cercato inutilmente di soffocare nel sangue.

Il Sudan registra uno dei tassi più alti del mondo per le persone sottoposte a questo genere di mutilazioni: nove donne sudanesi su dieci hanno vissuto sulla propria pelle una pratica che interessa 200 milioni di persone sul pianeta e che consiste nella parziale o totale rimozione degli organi genitali femminili, pratica considerata necessaria per avviare le ragazze al matrimonio.

Il governo di Khartoum ha approvato nei giorni scorsi un decreto che prevede tre anni di prigione per chi compie questi atti fuori o dentro una struttura sanitaria. «Misure punitive sono importanti — ha detto Faiza Mohamed, responsabile per l’Africa di Equality Now (uguaglianza ora) — Una legge è un deterrente cruciale, ma farla rispettare non sarà facile presso comunità che considerano le mutilazioni femminili una tradizione irrinunciabile».

Fonte: Il Corriere della sera


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