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Soluzioni per vestirsi senza inquinare (e non sfruttare ambiente e lavoratori)

Soluzioni per vestirsi senza inquinare (e non sfruttare ambiente e lavoratori)

Quante volte abbiamo acquistato distrattamente in un negozio un capo senza consultare l’etichetta né porci domande sulla sua provenienza?

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Il fast fashion, la moda mordi e fuggi, ossessione dei nostri tempi, è la seconda industria che consuma più acqua al mondo e contribuisce al 10% delle carbon-emission e al 20% del Waste-Water globale. Così, mentre a Milano i giovani di tutto il mondo si riuniscono per il Youth4Climate, è lecito chiedersi se la vera rivoluzione green possa e debba partire dal nostro armadio, se sia possibile fare qualcosa - nel nostro piccolo - per vestirci inquinando e sfruttando l’ambiente il meno possibile.

“Stiamo acquistando e gettando vestiti come mai prima d’ora”, si legge in un articolo del New York Times intitolato “How To Buy Clothes That Are Build to Last”. Secondo i dati dell’Environmental Protection Agency americana, gli Stati Uniti soltanto nel 2015 hanno generato 11,9 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, finiti in discarica. Le catene di abbigliamento low cost continuano a produrre a ritmi serratissimi: basti pensare che Zara rilascia circa 20mila nuovi capi ogni anno. E così facendo aumenta la merce invenduta, che viene bruciata: nel 2018 H&M è rimasto con una quantità di invenduto pari a 4 miliardi e 300 milioni di dollari. Ciò che viene comprato viene ben presto gettato via: secondo uno studio della McKinsey & Company, citato dal New York Times, i prodotti del cosiddetto fast fashion sono pensati e costruiti per essere indossati non più di dieci volte. Ed è l’ambiente a farne le spese: un rapporto della Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite rivela che l’industria della moda sarebbe responsabile del 20% dello spreco globale dell’acqua e del 10% delle emissioni di anidride carbonica, oltre a produrre più gas serra di tutti gli spostamenti aerei e navali di tutto il mondo. Ecco perché è importante chiedersi da dove viene quella t-shirt che compriamo in modo distratto, come è stata fabbricata e cosa ne sarà di lei una volta che non la indosseremo più.

Fonte: huffingtonpost.it


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