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Luoghi della cultura chiusi per Covid? Il Van Gogh Museum non ci sta e diventa beauty center

Luoghi della cultura chiusi per Covid? Il Van Gogh Museum non ci sta e diventa beauty center

Manicure, cambio smalto, ricostruzione unghie… tutto sotto lo sguardo di Vincent van Gogh. Scena surreale al museo di Amsterdam, che ha protestato per le restrizioni anti contagio che impongono ai luoghi della cultura di rimanere aperti. E in Olanda non è un caso isolato

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In tempi di avversità la creatività diventa la migliore alleata. È quello che è successo ad Amsterdam, dove il Van Gogh Museum ha trasformato le sue sale espositive in centro estetico e salone di bellezza. Una performance? Niente affatto. Piuttosto una forma di protesta messa in atto contro le misure governative olandesi, che dallo scorso 19 dicembre – in seguito alla rapida diffusione della variante Omicron e dell’aggravarsi della situazione sanitaria – hanno imposto la chiusura dei luoghi della cultura. Se musei, teatri, bar e caffè restano serrati, parrucchieri, centri estetici e palestre possono aprire al pubblico e proseguire le normali attività. Secondo quale criterio una palestra dovrebbe essere considerata un luogo più sicuro di un museo? E quali sono i motivi che spingono a considerare un centro estetico di prima necessità rispetto a uno spettacolo teatrale? Sono i quesiti che hanno spinto gli addetti al settore ad interrogarsi sulla coerenza o meno delle ultime restrizioni, decidendo di lanciare un messaggio forte in difesa della cultura e del suo pubblico.

Così le sale del Van Gogh Museum sono state trasformate in un salone di bellezza, con un lungo tavolo affollato di lime, smalti e strumenti del mestiere e estetiste che hanno decorato le unghie delle clienti con fiori di ciliegio e notti stellate ispirate ai capolavori del maestro olandese. Il tutto è accaduto davanti alle opere esposte alle pareti, che hanno potuto così continuare ad essere ammirate dal pubblico. Un tema delicato attorno al quale si era sviluppato un ampio dibattito anche in Italia, quando nei mesi più difficili del contagio ci si interrogava su quale fosse il senso di prolungare la chiusura dei teatri – affossando un intero settore di lavoratori – mentre negozi e centri commerciali continuavano ad affollarsi ogni weekend.

Fonte: Atribune.com


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