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La comunità di San Patrignano si dissocia dalla docu-serie Netflix: “Racconto sommario e parziale. Preoccupati per gli effetti negativi”

La comunità di San Patrignano si dissocia dalla docu-serie Netflix: “Racconto sommario e parziale. Preoccupati per gli effetti negativi”

L’attesa docu-serie Netlfix “SanPa: luci e tenebre di San Patrignano” diventa un caso.

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Dopo l’uscita del documentario, la comunità romagnola si dissocia dalla produzione, definita come un racconto “sommario e parziale” e soprattutto “unilaterale”. Con un lungo comunicato, la comunità, nata nel 1978 per accogliere le persone affette da dipendenze, ha fatto quindi sapere di essere preoccupata per gli “effetti negativi e destabilizzanti che potrebbero ricadere sull’oneroso lavoro di recupero, reinserimento e prevenzione, ai quali la comunità San Patrignano è con dedizione da decenni impegnata”. La docu-serie con la regia di Cosima Spender, disponibile in 190 paesi, è divisa in cinque puntate che analizzano a 360 gradi la vita della comunità fondata da Vincenzo Muccioli e insediata a Coriano, in provincia di Rimini.

“Il racconto che emerge – si legge appunto nel comunicato – è sommario e parziale, con una narrazione che si focalizza in prevalenza sulle testimonianze di detrattori, per di più, qualcuno con trascorsi di tipo giudiziario in cause civili e penali conclusesi con sentenze favorevoli alla Comunità stessa, senza che venga evidenziata allo spettatore in modo chiaro la natura di codeste fonti”. Nella nota dalla comunità specificano di aver “ospitato per diversi giorni”, per “trasparenza e correttezza”, “la regista della serie la quale è stata libera di parlare con chiunque all’interno della comunità, e abbiamo inoltre fornito l’elenco di un ampio ventaglio di persone che hanno vissuto e o tuttora vivono a San Patrignano e della quale conoscono bene storia passata e presente” così da permettere una ricostruzione quanto più “oggettiva e informata”. Un elenco che, sottolineano ancora, “è stato totalmente disatteso” ad eccezione “del nostro responsabile terapeutico Antonio Boschini“. Di fatto, dicono sempre dalla comunità, si è preferito “lasciare spazio ad un resoconto unilaterale che paia voler soddisfare la forzata dimostrazione di tesi preconcette”.

Fonte: ilfattoquotidiano.it


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