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In tutti questi mesi, di università si è parlato molto poco, ecco una lettera di una giovane donna che denuncia l’indifferenza nei confronti di studenti dimenticati.

In tutti questi mesi, di università si è parlato molto poco, ecco una lettera di una giovane donna che denuncia l’indifferenza nei confronti di studenti dimenticati.

Laura: «Cara Università, perché nessuno parla di te e di noi?»

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Cara Scuola,

Non ci vediamo ormai da qualche anno, anche se io non ho mai smesso di studiare. Adesso frequento la tua sorella più grande, l’università. Come spesso accade ai fratelli minori, ci sei sempre tu al centro dell’attenzione, quando si parla di istruzione. Sono contenta che, finalmente, i riflettori siano puntati su di te: i problemi che ti attanagliavano quando ti venivo a trovare ogni giorno non hanno mai avuto la giusta attenzione.

Le difficoltà che sta passando la tua sorella università, invece, sono fuori dai radar, perché – come sempre – dai fratelli maggiori ci si aspetta responsabilità.

Responsabilità è una parola bellissima, perché contiene la parola «risposta». Di fronte alla richiesta di fare la nostra parte per contenere il contagio, noi universitari abbiamo risposto, cercando di fare del nostro meglio.

Abbiamo continuato a studiare e a dare esami, siamo stati bocciati agli esami perché la connessione non era abbastanza stabile, abbiamo completato consegne ricevute a tutte le ore del giorno e della notte tramite mail inviate senza preavviso, abbiamo scritto la tesi con le biblioteche chiuse, abbiamo installato sul PC un software che controlla perfino i nostri movimenti oculari quando svolgiamo una prova scritta, abbiamo rinunciato a un anno intero di opportunità relazionali, ci siamo laureati in ritardo perché il Covid ha impedito i tirocini, abbiamo rinunciato all’Erasmus, abbiamo deciso di non frequentare le lezioni per lasciare il computer o la connessione ai nostri fratelli più piccoli in dad.

Ma di fronte alla nostra richiesta di aiuto non c’è stata risposta, non c’è stata responsabilità. Sto cominciando il sesto semestre di giurisprudenza, il terzo a distanza. Non pretendo di tornare in aula, anche se lo desidero, perché mi rendo conto che l’apertura delle università creerebbe una forte pressione sul sistema dei trasporti e di riflesso sul sistema sanitario. Però mi piacerebbe che di università si parlasse, ogni tanto. Magari in qualche elenco distratto del TG, in qualche talk show del pomeriggio o della notte, se non in Parlamento.



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