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Commercianti, partite Iva, cassintegrati: chi sono i nuovi poveri del Covid, da Milano a Palermo. “L’urgenza non è più il cibo. Ora chiedono aiuto per affitti, bollette e computer per la Dad”

Commercianti, partite Iva, cassintegrati: chi sono i nuovi poveri del Covid, da Milano a Palermo. “L’urgenza non è più il cibo. Ora chiedono aiuto per affitti, bollette e computer per la Dad”

A Milano, Treviso, Napoli e Palermo le descrivono come ondate, arrivate in corrispondenza con quelle del virus.

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A Genova, Torino e Roma la risacca non l’hanno vista: l’aumento delle persone che chiedono aiuto è lento ma continuo, settimana dopo settimana. La costante è che nei 12 mesi del Covid le necessità di chi ha bussato ai centri di ascolto delle Caritas diocesane sono cambiate. “Ai tempi del primo lockdown la priorità era il cibo. Una richiesta enorme: arrivavano i lavoratori in nero che avevano dovuto fermarsi da un giorno all’altro, le famiglie che non potevano più contare sul pranzo della mensa scolastica”, ricorda Pierluigi Dovis, direttore dell’ufficio diocesano di Torino. “Ma ora l’urgenza è iniziare a pagare gli affitti arretrati per evitare lo sfratto quando sarà finito il blocco. Star dietro alle bollette. O potersi permettere una visita specialistica senza intaccare gli ultimi risparmi”. L’altro denominatore comune sono le facce nuove: da Nord a Sud, nelle sette città prese in esame dal fattoquotidiano.it i volontari hanno visto arrivare persone che mai avrebbero pensato di non farcela da sole. Piccoli esercenti, stagionali del turismo e della cultura ma anche professionisti a partita Iva. Organizzatori di eventi, fisioterapisti, tassisti, camerieri, parrucchieri: la classe media del terziario, travolta dall’emergenza. Insieme a loro tutti quelli che fino al marzo 2020 stavano a galla grazie ai lavoretti in nero. E poi le badanti rimaste senza assistito e senza casa, le famiglie di precari che con la morte del nonno hanno perso la pensione con cui riuscivano ad arrivare a fine mese, i collaboratori domestici fermati dal lockdown. Tante “nuove povertà” che l’organismo della Cei ha affrontato mettendo in piedi un vero e proprio welfare parallelo a quello statale fatto di ristori e ammortizzatori spesso insufficienti: oltre al sostegno economico ci sono i progetti di riqualificazione professionale e ricerca di nuove opportunità di lavoro attraverso la rete dei volontari, l’attivazione di tirocini o il finanziamento di piccoli progetti di lavoro autonomo.

Fonte: ilfattoquotidiano.it


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